L'educazione letteraria non è mai un parametro meramente teorico, destinato ad esaurirsi nelle astratte antinomie della intelligenza, ma, come avviene per la pittura di Gustavo Mayer, diventa il più sicuro filtro di decantazione contenutistica e stilistica. Mayer, per chi non lo sapesse, è anche poeta e riesce a proporre con efficacia, in un dettato spontaneo non alieno tuttavia dalla satira e dalla riflessione socialitaria, fra episodi di lirica emotiva e quasi venata di moderno intimismo, una ipotesi che è insieme di umanità ed arte. La stessa confluenza si avverte in fondo nei suoi dipinti e persino nelle sculture in legno che egli realizza con calore e finezza: il tema, in tal senso, non impone più una scelta codificata e intenzionale, ma si identifica senza sforzo con una soluzione di struttura e con i più felici esiti dell'itinerario creativo. Proprio per questo l'artista, che ha girato in lungo e in largo per il vasto mondo, può contemplare nell'opera Sotto i flamboyants una scena bucolica dell'Africa nera senza irretirsi nello sterile tradizionismo di un'Arcadia memoriale; e quando dipinge Colomba e fiori col complemento basilare di uno sgabello nigeriano, o una impressione dinamica di danza, non resta schiavo del pretesto, ma lo trascende in termini decisamente pittorici. La primaria responsabilità del sentire ed il dosaggio formale e cromatico desunto dalla ormai lunga esperienza si affiancano per la stessa positiva conclusione; e ne è riprova la fluidità con cui si determinano altre visioni: una povera croce inserita in un contesto apparentemente populistico ma contigua ad una coralità metafisica, una marina dall'ampio orizzonte e ferma tuttavia attorno alla urgente presenza di un torrione smozzicato, uno scorcio sabino trepido di verdi cangianti e d'atmosfera, il Lettore del giornale murale, intabarrato ed anonimo ma non per questo meno significativo come allegoria civile.
Tutti documenti attendibili per una compiuta definizione della personalità estetica e della coscienza, documenti che ulteriormente illuminati da un Autoritratto di insolita morsura, fanno di Gustavo Mayer un artista pensoso e genuino. Con le sue sculture e con i suoi dipinti egli rivela un'avversione risentita contro i feticismi che intristiscono l'area della nuova figurazione, come già popolarono di fantasmi le più capricciose proposte semantiche: è un artista che sa guardare ancora alla naturanon certo per ripeterne le peregrine epifanie, ma per riconnetterne il grande cuore alla presenza dell'uomo.
Testo critico sull'artista a cura di Renato CIVELLO
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